Le unità didattiche digitali

Un titolo più “conforme” sarebbe tuttavia il seguente: L’Unità Didattica Digitale. Insegnamento, apprendimento e valutazione con supporti tecnologici (2021).

L’Unità Didattica Digitale (UDD) nasce all’intersezione tra due ambiti di studio: la tradizione glottodidattica italiana e gli studi sui contenuti digitali per l’apprendimento. Di conseguenza, la sua concettualizzazione si basa sull’intenzione didattica, ovvero sull’impostazione teorico-metodologica di riferimento, e sulla natura dell’oggetto digitale, ivi incluse le sue peculiarità di fruizione.

Tratti definitori

L’UDD è un costrutto teorico-applicativo per insegnare, apprendere e valutare le lingue nell’era digitale. Il suo essere digitale dipende da tre tratti distintivi:

  1. le specifiche del supporto digitale, che vincolano la forma assunta dai contenuti didattici, determinandola costitutivamente;
  2. il riguardo per la valutazione, già incluso nel Quadro Comune Europeo di Riferimento, qui assunto in maniera più radicale rispetto a quanto avviene sul medium cartaceo. Le più recenti specifiche per il monitoraggio dei processi didattici rendono l’UDD un dispositivo grazie al quale fare ipotesi interpretative sui dati immagazzinati durante le esperienze di apprendimento;
  3. la concettualizzazione dell’UDD, che in maniera fondante è determinata da elementi estrinseci, riconducibili alla peculiarità della fruizione; tali elementi sono l’usabilità delle risorse e, più in generale, l’esperienza utente (user experience).

Caratteristiche strutturali

Le questioni dell’usabilità delle risorse e della user experience, forniscono indicazioni rilevanti sul rapporto che il docente online intrattiene con l’apprendente. Tra gli indicatori di rilievo, nella definizione e nella progettazione dell’UDD, ha valore fondativo l’elemento temporale, che si concretizza nell’invito a fornire indicazioni sulla durata dell’intera UDD o quanto meno delle sue articolazioni (testi, attività didattiche). Naturalmente, tali indicazioni vanno intese come dato offerto all’apprendente, ovvero come impegno unilaterale del docente-autore, che però non vincola il destinatario dell’intervento didattico.

Dal punto di vista della sua struttura, l’UDD ha pertanto le seguenti caratteristiche:

  • è una sessione di studio dalla durata circoscritta. Tale durata, generalmente compresa entro la durata massima di un’ora per l’autoapprendimento, sebbene possa raddoppiare nei contesti d’impiego in presenza e in attività sincrone online, vale a dire quando vi sia l’intervento del docente (setting misto: presenza + dispositivi; aula virtuale: lezione in videoconferenza);
  • include un input testuale, delle attività didattiche, un obiettivo linguistico (conoscenza dichiarativa) e uno comunicativo (competenza procedurale);
  • contiene descrittori linguistico-comunicativi e semantici, espressi mediante categorie e/o tag, che permettono di collegare le UDD tra loro, al fine di creare micropercorsi di apprendimento;
  • è in grado di istanziare enunciati xAPI – o aderire al metodo di condivisione LTI – affinché abbia luogo il processo di monitoraggio.

Schemi di riferimento

L’UDD si apre mediante una opportuna presentazione nella quali si indichino il livello di competenza (QCER), l’argomento, obiettivi e vantaggi di apprendimento, contesto d’uso, durata della sessione di lavoro.

A seguire, non dissimilmente da quanto previsto in letteratura, si potranno succedere fino a quattro distinti momenti:

  • Preparazione. È questa una fase preparatoria, introduttiva; la denominazione scelta ne riflette l’orientamento al momento successivo, di entrata in contatto con il testo. Nella glottodidattica italiana, oltre ai termini «motivazione», con riferimento prevalente all’apprendente, e «contestualizzazione», tenendo in primo piano il testo, si fa riferimento anche, più semplicemente, a una fase di introduzione (Diadori 2009);
  • Contatto con il testo. Il testo, che qui viene presentato nella sua interezza per essere còlto nel suo senso complessivo, può essere in forma grafica, scritta, audio o video. Il contatto è interpretabile come «Input testuale» o «Globalità». Di norma include delle attività di comprensione;
  • Focalizzazione. Può riguardare uno e un solo aspetto, sia esso linguistico, comunicativo, lessicale, culturale ecc. In ciò l’UDD, se in autoapprendimento, difficilmente eccede il linearismo dei cicli di «analisi, sintesi, riflessione» (Balboni 2002). Con la mediazione di un docente c’è però maggiore libertà di azione: in tal caso, saranno possibili interpretazioni più aperte (Vedovelli 2002);
  • Uscita comunicativa. L’approccio orientato all’azione (QCER) invita a muoversi in direzione dell’«output comunicativo» (Vedovelli 2002). È dunque da sottolineare l’assunzione dell’agire comunicativo, ovvero di una testualità intesa come prodotto sociale. Nella pratica, non è tuttavia da escludere una interpretazione in chiave di «controllo» (testing, rinforzo, recupero), con un più marcato spostamento sul piano individuale dell’apprendente.

Lo schema di riferimento dell’UDD può essere interpretato variamente, sulla base della sensibilità, delle esigenze e/o della prospettiva teorica del docente o del progettista didattico. In effetti, tale schema può definirsi agnostico giacché comporta una generalizzazione dei modelli ai quali si è fatto riferimento.

Premesso che in ogni caso si dovrebbe iniziare con l’avvicinamento al testo (sinonimo di preparazione) e terminare con l’uscita comunicativa, si può comunque avere una molteplicità di schemi. Ci limitiamo ad elencarne alcuni.

Un primo caso potrebbe essere quello di un’UDD che inizia con l’avvicinamento al testo e prosegue con il contatto, ed eventualmente la verifica di comprensione – oltre, va da sé, all’uscita comunicativa. Tipicamente, questo sarebbe un “atomo” di durata minima, che anche qualora si protragga con attività di comprensione non dovrebbe richiedere più di una mezz’ora di tempo.

Un altro schema, più corposo come carico di lavoro, potrebbe prevedere un ritorno al testo input, con scopo di “rimotivazione”, così da preparare l’apprendente a un’ulteriore focalizzazione.

Conclusioni

Al di là dei tratti definitori e delle caratteristiche strutturali, la proposta dell’UDD riflette un retaggio teorico ascrivibile alla tradizione della glottodidattica e della linguistica educativa. Tuttavia, a rigore, gli schemi proposti non sono essenziali ma accessori rispetto al nucleo fondante dell’UDD. Altri schemi sono possibili secondo i più diversi orientamenti, anche teorici. Come spesso constatiamo, inoltre, molte variazioni scaturiscono dall’estro di cui ci fanno dono gli insegnanti in formazione. Peraltro, già a suo tempo, avevamo avuto modo di indicare tutorial, studi di casi, simulazioni, indagini, verifiche ecc. come altri formati (o schemi) a carattere più specifico. Infine, è evidente che con l’intervento del docente alla dilatazione dei tempi corrisponde un’analoga dilatazione delle possibilità creative.

Riferimenti

Balboni P.E., 2002 [2012], Le sfide di Babele. Insegnare le lingue nelle società complesse, Torino, Utet.

Consiglio d’Europa, 2002, Quadro comune europeo di riferimento per le lingue: apprendimento, insegnamento, valutazione, La Nuova Italia, Firenze.

Diadori P., 2009, “Quali modelli operativi per l’italiano L2? L’unità di lavoro”, in Diadori P. (cur.), 2009, La DITALS risponde 6, Perugia, Guerra, pp. 103-112.

Fallani G., Penge S., Tettamanti P., 2019, An agnostic monitoring system for Italian as second language online learning, in «Journal of e-Learning and Knowledge Society», XV, 3, pp. 13-26.

La Grassa, M., 2021, Un modello operativo per la didattica delle lingue online: l’Unità Didattica Digitale, in «EL.LE», 10(1), pp. 29-52.

Vedovelli M., 2002 [2010], Guida all’italiano per stranieri. Dal «Quadro comune europeo per le lingue» alla «Sfida salutare», (2a ed.) Roma, Carocci.

Zara C., 2019, L’italiano da gustare, URL: https://ital2.org/italiano-da-gustare.